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HIKIKOMORI

Il termine “HIKIKOMORI”, che in giapponese significa “stare in disparte”, viene utilizzato per indicare chi decide di ritirarsi dalla vita sociale per lunghi periodi evitando qualunque tipo di contatto diretto con il mondo esterno.

Gli Hikikomori sono soprattutto giovani tra i 14 e i 30 anni, maschi nel 70-90% dei casi. Nonostante si palesino principalmente durante l’adolescenza, la condizione tende a diventare cronica, rischiando di perdurare tutta la vita. In Italia non ci sono dati ufficiali, ma si stima ci siano circa 100.000 casi.

Sono spesso ragazzi che sperimentano una forte ansia sociale e faticano a relazionarsi con i coetanei. Hanno un elevato QI, un carattere molto introverso, sono sensibili e inibiti socialmente, convinti di stare meglio da soli. Concause significative possono essere i rapporti difficoltosi con i genitori, troppo incentivanti o iperprotettivi. Gli hikikomori sono eterni adolescenti che hanno un rapporto conflittuale con i genitori da cui sono dipendenti, ma che trattano male.

Dapprima, il rifiuto è legato alle attività extra-scolastiche come lo sport o le uscite con gli amici. Successivamente, emerge anche il rifiuto della scuola. Gli hikikomori si isolano progressivamente e sviluppano una visione molto negativa della società, soffrendo particolarmente le pressioni di realizzazione sociale, dalle quali cercano in tutti i modi di fuggire.

Dall’isolamento prolungato si innesca il rischio di uno stato depressivo e un impatto negativo sull’alimentazione, sulla cura della persona e sull’attività fisica. Si inverte il ritmo sonno-veglia ed il rischio di sviluppare una tendenza autodistruttiva è elevato. I soggetti Hikikomori odiano la propria vita, condannata ad un circolo vizioso. Oltre all’ansia sociale si manifesta anche l’ansia legata al tempo perso e la sensazione di non poter fare nulla per rimediare ad una vita ormai compromessa. Perdendo il contatto con la realtà, aumenta il rischio di sperimentare disturbi dissociativi e ossessivo compulsivi. 

I ragazzi Hikikomori sono molto restii a farsi aiutare. È possibile fornire loro un aiuto psicologico online o a domicilio, ed è possibile partire dalla famiglia per ottenere un effetto indiretto sul ragazzo. Oltre al supporto psicologico può essere necessario un aiuto farmacologico.

Se hai bisogno di informazioni o di un professionista che possa aiutarti scrivici a segreteria@cepib.it 

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